Balliamo? o "Mirada y cabeceo" (sguardo e cenno col capo?): L’invito a ballare
La milonga è come un mercato, con la sola differenza che ciascuno di noi è tanto un venditore quanto un acquirente nella fiera del ballo.
Noi ci proponiamo alla clientela e, nel contempo, andiamo alla ricerca della mercanzia migliore. La milonga è un grande mercato dei desideri di ballare il tango - ed anche di altri desideri -. Ci offriamo per ballare ed altri si offrono a noi. Come al mercato, ognuno si offre quel che c’è di meglio. Alcuni, così come nelle fiere, imbrogliano. Dipingono di rosso le mele ancora acerbe, nascondono la frutta già avvizzita e mettono in vista quella a puntino. Alcuni ti truffano apertamente, bisogna dirlo. Ti vendono gatto per lepre. Anche nella milonga succede qualcosa così, almeno finché non diventiamo buoni intenditori e non compriamo più frutta e verdura qualsiasi.
La differenza sta nel fatto che in questo mercato siamo noi ad offrirci: il nostro corpo e la nostra sensibilità. Perciò, è meglio prendere alcune precauzioni per non far la fine del pesce che non si vende.
Un momento chiave della milonga è l’invito a ballare. Lì si mette in gioco il nostro modo di relazionarci agli altri, le nostre regole di convivenza esplicite e implicite.
L’invito a ballare. La mirada e il cabeceo.
In molte milongas la gente invita a ballare direttamente. Gli uomini si avvicinano alle donne e le rivolgono un "Balli?". Alcuni ricevono un no chiaro e tondo; altre volte, dame gentili trovano una scusa per non accettare l’invito. Senza dubbio, il ballerino si sentirà frustrato. E’ difficile non reagire di fronte a un rifiuto. Alcuni uomini ingegnosi perciò escogitarono una modalità d’invito per evitare queste mazzate. Con cautela, guardavano la donna che desideravano invitare per valutare un suo possibile assenso. Fu così che debbono esser nati i famosi “mirada e cabeceo”. Qualora lei, la ballerina, avesse reagito allo sguardo con fare desideroso di ballare, l’uomo avrebbe replicato sottilmente con un cenno col capo, affinché lei capisse l'invito. È facile dedurre che questa forma di invito avesse i propri vantaggi e così entrò nella tradizione tanguera argentina.
Si deve invitare con mirada y cabeceo perché a Buenos Aires si fa così?
E’ più avveduto adottare questo tipo di invito partendo da un presupposto egoista degli uomini ballerini: evitare i rifiuti femminili. Ma c’è anche un altro motivo riguardante le ballerine. Si tratta di evitare di porle nell’obbligo di ballare anche con chi non vogliono, qualora non osino rifiutare l’invito. C’è poi un altro motivo predominante per la donna ed è che, in tal modo, lei può scegliere con chi ballare. Una donna come sceglie quando non vuole o può invitare direttamente? Utilizza il proprio sguardo. Sceglie con lo sguardo. Se siamo svantaggiate nelle milongas perché di regola non invitiamo a ballare, almeno scegliamo chi guardare, sperando che questi c'inviti tramite un chiaro incontro dei nostri sguardi.
Ho ascoltato le confessioni di ballerini che hanno raccolto svariati rifiuti in milonga. Credo che, in questa fiera, lo sguardo sia la nostra difesa e la nostra alleata. Sia l'uomo che la donna possiedono nello sguardo un radar che rivela chi desidera ballare con loro. Perché la cosa bella è ballare con chi ci piace ed a cui piacciamo.
L'uomo guarda (“mira”) quelle che desidera invitare a ballare. Se non viene guardato è perché esse non intendono ballare con lui. Lo sguardo è una risposta di consenso. L'assenza di sguardo equivale ad una mancanza di interesse. Se l'uomo guarda varie volte una donna e non incrocia mai il suo sguardo, significa semplicemente, che non vuole ballare con lui. Perché insistere nel voler ballare con chi non vuole ballare con noi?
Ovviamente ci son luoghi in cui “mirada y cabeceo” non funzionano. Son quelle milongas in cui la gente va in gruppo e balla solo con chi conosce. Se ci troviamo in un posto così “mirada e cabeceo” non solo non sono necessari, ma non hanno alcun senso. Anche a Buenos Aires ci sono milongas dove la gente balla soprattutto con chi conosce. E questo non è un peccato. Ma io preferisco quelle milongas nelle quali tutti o quasi tutti ballano con tutti o quasi tutti. Mi piacciono le milonghe dove posso ballare con qualcuno che non conosco. Mi piace l’interscambio, in milonga. E’ la premessa di un buon incontro.
Ballare con uno sconosciuto o una sconosciuta.
È utile aver visto come balla la persona che si vuole invitare o che desidera invitarci. Osservare come balla una persona con cui ci piacerebbe ballare è un modo per conoscerlo/a. C’è stata un’epoca in cui esistevano i vareadores (animatori), non so se ci siano ancora. Ne ricordo uno. Era un signore di una certa età che invitava, all’inizio delle milongas, soprattutto quelle ballerine che non venivano invitate. Egli sapeva che la propria funzione era un vantaggio per le donne. Diceva che le "mostrava", perché sapeva bene che, se una donna non balla, è probabile che non venga invitata a ballare semplicemente perché gli uomini non sanno se balla.
Generoso, l’atteggiamento di questo cavaliere.
Io suggerirei agli uomini che s’apprestano ad invitare una donna che non conoscono, e se non sono ballerini collaudati, di invitarla dopo il primo o secondo pezzo di una tanda. Altrimenti la tanda nella quale balliamo con qualcuno, con cui non ci piace ballare, diventa interminabile, eterna.
Se un uomo invita la donna in modo diretto, se essa è cortese e non vuole respingerlo, la sta forzando a ballare con lui.
M’è capitato una volta, in una milonga tradizionale, che un signore mi invitasse a ballare direttamente, si fermasse di fronte a me cogliendomi di sorpresa. È difficile che io dica di no. Lo faccio per cortesia. Entrai in pista a ballare e si rivelò un vero disastro. Non ballava bene, il che per me non è un problema, però la sua postura ed il suo abbraccio mi causavano un grande fastidio. Non osavo sospendere il ballo, ma il fastidio andava crescendo. Cosicché, prima del terzo o quarto tema mi feci coraggio e gli dissi che mi dolevano i piedi, o qualcosa del genere. Non ricordo bene la scusa. Immediatamente e con aria furiosa, mi disse che ciò non era ammissibile, che non potevo smettere di ballare e mi minacciò dicendomi che gli altri uomini presenti non m’avrebbero invitata mai più. Questo tipo mi trattenne e non lasciò che lo lasciasse. Quando cominciò il tango, mi prese in fretta obbligandomi a continuare a ballare, fino al mio tavolo. Lì mi lasciò quando la musica finì. Era chiaramente un espediente per mostrare che era lui a lasciare me, e non io lui. E’ stata l’unica volta che ho vissuto una situazione così sgradevole. Il peggio è stata la sensazione di violenza nel vedere che non potevo smettere di ballare, salvo non sollevassi un forte litigio. Ma siccome non mi piace creare confusione, sopportai in silenzio.
Cos’era a turbare questo tipo al punto di non accettare che lo lasciassi nel mezzo di una tanda? Lui non voleva che i suoi compagni ballerini lo vedessero mentre veniva respinto. Qui, l'immagine di sé, che lui supponeva di dare agli altri ebbe un peso brutale sul suo atteggiamento. Mi pare che l’uso di “mirada y cabeceo” possano evitare queste situazioni. Ora, non credo nemmeno che “mirada y cabeceo” siano un qualcosa di sacro.
Per me, il luogo del ballo, deve essere un posto di interscambio, dove la gente sia tutta il più cortese possibile, e dove gli egoismi e le vanità vengano messe in gioco con modestia. Sì, sembra difficile.
Perciò, se un ballerino che ha appena cominciato a ballare e vuole ballare con una ballerina esperta, può invitarla quando la tanda è già iniziata, ballare soltanto uno o due tanghi, e così tira a sorte la possibilità di un rifiuto, e nel contempo, le evita un potenziale disagio.
I codici/regole che si sono escogitati nelle milongas hanno una loro ragione di essere. Mirada y cabeceo vanno applicati ovviamente nei luoghi dov’è possibile. In un locale molto ampio e dove la luce è molto tenue, o dove la gente balla solo tra gruppi di conoscenti, la mirada e il cabeceo perdono tutta la loro efficacia. Quindi, imporre un dogma senza trovarne il suo senso attuale e reale, significa trasformare la milonga in una sorta di messa in un tempio. E, per fortuna, ballare il tango non è una religione.
Di Lidia Ferrari
Treviso
1/11/2012
(Traduzione di Pietro Adorni)
La milonga è come un mercato, con la sola differenza che ciascuno di noi è tanto un venditore quanto un acquirente nella fiera del ballo.
Noi ci proponiamo alla clientela e, nel contempo, andiamo alla ricerca della mercanzia migliore. La milonga è un grande mercato dei desideri di ballare il tango - ed anche di altri desideri -. Ci offriamo per ballare ed altri si offrono a noi. Come al mercato, ognuno si offre quel che c’è di meglio. Alcuni, così come nelle fiere, imbrogliano. Dipingono di rosso le mele ancora acerbe, nascondono la frutta già avvizzita e mettono in vista quella a puntino. Alcuni ti truffano apertamente, bisogna dirlo. Ti vendono gatto per lepre. Anche nella milonga succede qualcosa così, almeno finché non diventiamo buoni intenditori e non compriamo più frutta e verdura qualsiasi.
La differenza sta nel fatto che in questo mercato siamo noi ad offrirci: il nostro corpo e la nostra sensibilità. Perciò, è meglio prendere alcune precauzioni per non far la fine del pesce che non si vende.
Un momento chiave della milonga è l’invito a ballare. Lì si mette in gioco il nostro modo di relazionarci agli altri, le nostre regole di convivenza esplicite e implicite.
L’invito a ballare. La mirada e il cabeceo.
In molte milongas la gente invita a ballare direttamente. Gli uomini si avvicinano alle donne e le rivolgono un "Balli?". Alcuni ricevono un no chiaro e tondo; altre volte, dame gentili trovano una scusa per non accettare l’invito. Senza dubbio, il ballerino si sentirà frustrato. E’ difficile non reagire di fronte a un rifiuto. Alcuni uomini ingegnosi perciò escogitarono una modalità d’invito per evitare queste mazzate. Con cautela, guardavano la donna che desideravano invitare per valutare un suo possibile assenso. Fu così che debbono esser nati i famosi “mirada e cabeceo”. Qualora lei, la ballerina, avesse reagito allo sguardo con fare desideroso di ballare, l’uomo avrebbe replicato sottilmente con un cenno col capo, affinché lei capisse l'invito. È facile dedurre che questa forma di invito avesse i propri vantaggi e così entrò nella tradizione tanguera argentina.
Si deve invitare con mirada y cabeceo perché a Buenos Aires si fa così?
E’ più avveduto adottare questo tipo di invito partendo da un presupposto egoista degli uomini ballerini: evitare i rifiuti femminili. Ma c’è anche un altro motivo riguardante le ballerine. Si tratta di evitare di porle nell’obbligo di ballare anche con chi non vogliono, qualora non osino rifiutare l’invito. C’è poi un altro motivo predominante per la donna ed è che, in tal modo, lei può scegliere con chi ballare. Una donna come sceglie quando non vuole o può invitare direttamente? Utilizza il proprio sguardo. Sceglie con lo sguardo. Se siamo svantaggiate nelle milongas perché di regola non invitiamo a ballare, almeno scegliamo chi guardare, sperando che questi c'inviti tramite un chiaro incontro dei nostri sguardi.
Ho ascoltato le confessioni di ballerini che hanno raccolto svariati rifiuti in milonga. Credo che, in questa fiera, lo sguardo sia la nostra difesa e la nostra alleata. Sia l'uomo che la donna possiedono nello sguardo un radar che rivela chi desidera ballare con loro. Perché la cosa bella è ballare con chi ci piace ed a cui piacciamo.
L'uomo guarda (“mira”) quelle che desidera invitare a ballare. Se non viene guardato è perché esse non intendono ballare con lui. Lo sguardo è una risposta di consenso. L'assenza di sguardo equivale ad una mancanza di interesse. Se l'uomo guarda varie volte una donna e non incrocia mai il suo sguardo, significa semplicemente, che non vuole ballare con lui. Perché insistere nel voler ballare con chi non vuole ballare con noi?
Ovviamente ci son luoghi in cui “mirada y cabeceo” non funzionano. Son quelle milongas in cui la gente va in gruppo e balla solo con chi conosce. Se ci troviamo in un posto così “mirada e cabeceo” non solo non sono necessari, ma non hanno alcun senso. Anche a Buenos Aires ci sono milongas dove la gente balla soprattutto con chi conosce. E questo non è un peccato. Ma io preferisco quelle milongas nelle quali tutti o quasi tutti ballano con tutti o quasi tutti. Mi piacciono le milonghe dove posso ballare con qualcuno che non conosco. Mi piace l’interscambio, in milonga. E’ la premessa di un buon incontro.
Ballare con uno sconosciuto o una sconosciuta.
È utile aver visto come balla la persona che si vuole invitare o che desidera invitarci. Osservare come balla una persona con cui ci piacerebbe ballare è un modo per conoscerlo/a. C’è stata un’epoca in cui esistevano i vareadores (animatori), non so se ci siano ancora. Ne ricordo uno. Era un signore di una certa età che invitava, all’inizio delle milongas, soprattutto quelle ballerine che non venivano invitate. Egli sapeva che la propria funzione era un vantaggio per le donne. Diceva che le "mostrava", perché sapeva bene che, se una donna non balla, è probabile che non venga invitata a ballare semplicemente perché gli uomini non sanno se balla.
Generoso, l’atteggiamento di questo cavaliere.
Io suggerirei agli uomini che s’apprestano ad invitare una donna che non conoscono, e se non sono ballerini collaudati, di invitarla dopo il primo o secondo pezzo di una tanda. Altrimenti la tanda nella quale balliamo con qualcuno, con cui non ci piace ballare, diventa interminabile, eterna.
Se un uomo invita la donna in modo diretto, se essa è cortese e non vuole respingerlo, la sta forzando a ballare con lui.
M’è capitato una volta, in una milonga tradizionale, che un signore mi invitasse a ballare direttamente, si fermasse di fronte a me cogliendomi di sorpresa. È difficile che io dica di no. Lo faccio per cortesia. Entrai in pista a ballare e si rivelò un vero disastro. Non ballava bene, il che per me non è un problema, però la sua postura ed il suo abbraccio mi causavano un grande fastidio. Non osavo sospendere il ballo, ma il fastidio andava crescendo. Cosicché, prima del terzo o quarto tema mi feci coraggio e gli dissi che mi dolevano i piedi, o qualcosa del genere. Non ricordo bene la scusa. Immediatamente e con aria furiosa, mi disse che ciò non era ammissibile, che non potevo smettere di ballare e mi minacciò dicendomi che gli altri uomini presenti non m’avrebbero invitata mai più. Questo tipo mi trattenne e non lasciò che lo lasciasse. Quando cominciò il tango, mi prese in fretta obbligandomi a continuare a ballare, fino al mio tavolo. Lì mi lasciò quando la musica finì. Era chiaramente un espediente per mostrare che era lui a lasciare me, e non io lui. E’ stata l’unica volta che ho vissuto una situazione così sgradevole. Il peggio è stata la sensazione di violenza nel vedere che non potevo smettere di ballare, salvo non sollevassi un forte litigio. Ma siccome non mi piace creare confusione, sopportai in silenzio.
Cos’era a turbare questo tipo al punto di non accettare che lo lasciassi nel mezzo di una tanda? Lui non voleva che i suoi compagni ballerini lo vedessero mentre veniva respinto. Qui, l'immagine di sé, che lui supponeva di dare agli altri ebbe un peso brutale sul suo atteggiamento. Mi pare che l’uso di “mirada y cabeceo” possano evitare queste situazioni. Ora, non credo nemmeno che “mirada y cabeceo” siano un qualcosa di sacro.
Per me, il luogo del ballo, deve essere un posto di interscambio, dove la gente sia tutta il più cortese possibile, e dove gli egoismi e le vanità vengano messe in gioco con modestia. Sì, sembra difficile.
Perciò, se un ballerino che ha appena cominciato a ballare e vuole ballare con una ballerina esperta, può invitarla quando la tanda è già iniziata, ballare soltanto uno o due tanghi, e così tira a sorte la possibilità di un rifiuto, e nel contempo, le evita un potenziale disagio.
I codici/regole che si sono escogitati nelle milongas hanno una loro ragione di essere. Mirada y cabeceo vanno applicati ovviamente nei luoghi dov’è possibile. In un locale molto ampio e dove la luce è molto tenue, o dove la gente balla solo tra gruppi di conoscenti, la mirada e il cabeceo perdono tutta la loro efficacia. Quindi, imporre un dogma senza trovarne il suo senso attuale e reale, significa trasformare la milonga in una sorta di messa in un tempio. E, per fortuna, ballare il tango non è una religione.
Di Lidia Ferrari
Treviso
1/11/2012
(Traduzione di Pietro Adorni)